Le aree pertinenziali di edifici produttivi valgono il 10% del valore delle superfici degli edifici

Le aree scoperte al servizio di edifici produttivi possono essere valutate nel 10% del valore unitario delle superfici degli edifici con destinazione normale, come desumibile da pubblicazioni specializzate, percentuale che può essere ridotta a causa della eventuale forma irregolare penalizzante.

Corte d’Appello di Venezia, Sezione I civile , del 07/04/2017
Relatore: Rita Rigoni
Presidente: Daniela Bruni

«Il presente giudizio di rinvio è circoscritto alla determinazione dell’indennità di esproprio relativa ai mapp. (…) e (…) Fg. (…) del Comune di B., dovuta all’attrice in applicazione del criterio indicato dalla Suprema Corte, vale a dire del criterio del valore venale del bene, tenendo “conto delle obbiettive ed intrinseche caratteristiche ed attitudini dell’area in relazione alle utilizzazioni autorizzate dagli strumenti di pianificazione del territorio: perciò consentendo pure al proprietario interessato da un’espropriazione rituale, di dimostrare sempre all’interno della categoria suoli inedificabili, anche attraverso rigorose indagini tecniche e specializzate, che il valore agricolo, da determinarsi in base al relativo mercato, sia mutato e/o aumentato in conseguenza di una diversa destinazione del bene egualmente compatibile con la sua ormai accertata non edificatorietà. E, quindi, che il fondo, suscettibile di sfruttamento ulteriore e diverso da quello agricolo, pur senza raggiungere i livelli dell’edificatorietà, abbia un’effettiva e documentata valutazione di mercato che rispecchia queste possibilità di utilizzazioni intermedie tra l’agricola e l’edificatoria (parcheggi, depositi, attività sportive e ricreative, chioschi per la vendita di prodotti ecc.): semprecchè assentite dalla normativa vigente sia pure con il conseguimento delle opportune autorizzazioni amministrative”. Premessa la ormai non più discutibile (stante la pronuncia sul punto del giudice di legittimità) natura non edificabile dell’area oggetto di espropriazione, va, in primo luogo, precisato che non corretto è l’assunto dell’attrice secondo cui il valore di mercato dell’area ritenuta come non edificabile risultante dalla Commissione Provinciale Espropri di Vicenza prot. (…) del 13.3.1992 effettuata nella seduta del 10.3.1992, per un importo complessivo di L. 109.200.000 (Euro 56.398,00, pari ad Euro 30,98/mq.), non sarebbe stato contestato e non sarebbe più contestabile, in quanto detta valutazione dell’area espropriata non sarebbe stata fatta oggetto di opposizione alla stima da parte della società L. (che si era lamentata soltanto dei danni arrecati all’edificio produttivo, pretendendo, poi, in via gradata, la determinazione dell’indennizzo per espropriazione parziale), mentre la società opposta aveva preteso la determinazione dell’indennità in base alla natura agricola del terreno secondo il sistema tabellare stabilito dalla L. n. 865 del 1971. Va, infatti, osservato che la domanda riconvenzionale della società convenuta è diretta ad ottenere la rideterminazione dell’indennità in base alla natura agricola del terreno, così mettendo in toto in discussione la quantificazione effettuata dalla competente Commissione. Ciò posto, alla luce del principio enunciato dalla Suprema Corte, va rilevato che secondo il PRG in vigore all’epoca del decreto di esproprio (cfr. Cass. n. 508/2017; disciplina approvata con D.G.R. n. 2635 dell’8.5.1992, pubblicata nel BUR n. 53 del 19.5.1992), il mapp. (…) (dal cui frazionamento è derivato il mapp. (…) di mq. 1132) era destinato ad aree attrezzate a parco per il gioco e lo sport e soggetto a fascia di rispetto stradale, mentre il mapp. (…) (di mq. 688, derivato dal frazionamento del mapp. (…)) era destinato a fascia di rispetto stradale ed era privo di ogni possibilità edificatoria. Orbene, sulla base delle condivisibili considerazioni del CTU dr. Galla, occorre considerare che per il mapp. (…) la destinazione prevista dal PRG era incongrua, avendo l’area dimensioni limitate, configurazione triangolare infelice, ricompresa tra l’A. ed altra strada comunale (via E.), vicinissima al depuratore di Montecchio Maggiore, vale a dire sita in luogo non idoneo all’esercizio di attività sportive o ludiche per bambini. Dunque “la ragionevole impossibilità di utilizzare l’area in funzione della destinazione urbanistica fa venire meno anche la convenienza di edificarvi piccole strutture al servizio degli utenti” (CTU Galla, pag. 4). Invece, l’area ha funzione di pertinenza degli edifici produttivi esistenti sul vicino mapp. (…) ed infatti ancora nel 1987/88 parte dell’area del mapp. (…) era destinata a parcheggio e tale è anche la destinazione attuale. Così è a dirsi anche per il mapp. (…). Va, dunque, affermato che, malgrado le destinazioni urbanistiche, “al momento dell’esproprio l’area dei mappali (…) e (…) non occupata dagli edifici produttivi aveva quindi una spiccata suscettività pertinenziale” (CTU Galla, pag. 4). Dal che l’indennità di esproprio delle aree di cui ai mapp. (…) e (…) suindicati deve essere determinata valutando tali mappali come pertinenti agli edifici produttivi, dei quali sono al servizio. Il CTU, su tale base, ha quantificato l’indennità di esproprio in Euro 39.015,58. In particolare ha indicato in Euro 3.335,02 il valore delle costruzioni, del prato e delle alberature presenti nell’area occupata e in Euro 35.680,56 la diminuzione del valore dell’immobile a seguito dell’espropriazione, considerando che “le aree scoperte al servizio di edifici produttivi vengono valutare normalmente nel 10% del valore unitario delle superfici degli edifici con destinazione normale” (come desumibile dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Vicenza), percentuale che il CTU ha ritenuto di ridurre all’8% in considerazione della forma triangolare dell’area in questione, con l’angolo più lontano dall’edificio molto acuto, il che è indubbiamente penalizzante. Il primo importo non è stato fatto oggetto di contestazione dalle parti. Quanto al secondo, la società convenuta assume come troppo elevata la stima operata applicando la misura dell’8% del valore medio dell’edificio a cui l’area accede, in quanto la costruzione dell’autostrada era precedente all’immobile attualmente in proprietà dell’attrice, la quale aveva provveduto a costruire, nel passato, in violazione alle norme urbanistiche allora vigenti, senza alcun rispetto delle distanze da osservare nei confronti del ciglio stradale, fascia ridotta da mt 25 a mt 9,60 e ridotta, poi, ulteriormente, a mt 4,30. Inoltre dovrebbe essere tenuto in debito conto che, a seguito dell’intervento ablativo, l’area in esame, per effetto della forma triangolare che ne è derivata, consente ora il parcheggio anche longitudinalmente. Trattasi di osservazioni non condivisibili. Invero, l’indicazione della percentuale dell’8% è stata fatta dal CTU in considerazione della penalizzante forma triangolare dell’area pertinenziale e delle sue dimensioni rispetto alla superficie totale del complesso L. (mq. 5.345), mentre la percentuale del 10%, desumibile dalla pubblicazione della Camera di Commercio di Vicenza relativamente ai criteri di calcolo delle aree pertinenziali esclusive di immobili industriali ed artigianali, tiene conto di un’area pertinenziale che normalmente si sviluppa in modo regolare attorno all’edificio produttivo e si presenta in forma rettangolare o quanto meno regolare, nonché del fatto che la percentuale sul valore unitario diminuisce gradualmente con l’aumentare dell’area pertinenziale, considerando che ordinariamente la stessa è pari alla superficie coperta dall’edificio. Pertanto nella determinazione della percentuale dell’8% non ha inciso la eventuale (contestata dall’attrice) costruzione da parte dell’attrice in violazione alle norme urbanistiche allora vigenti senza il rispetto delle distanze dal ciglio stradale. Quanto, poi, all’affermazione del CTU secondo cui “il valore dell’area residuata dall’esproprio viene stimato immutato, perché la diminuzione di superficie complessiva non inficia minimamente la funzionalità dell’area e la sua possibile utilizzazione permane inalterata…Infatti la limitazione maggiore a seguito della procedura espropriativa avrebbe dovuto essere senz’altro riscontrabile nel tratto ricompreso tra l’edificio e la barriera dell’autostrada… il transito non è limitato in larghezza ed è stato possibile, lungo il percorso, ricavare dei parcheggi longitudinali”(pag. 7 CTU Galla), non lascia in alcun modo intendere che vi sia stato un miglioramento dell’area attraverso un maggiore sfruttamento della stessa (anche per parcheggi longitudinali). Difatti il CTU ha espressamente affermato che “il valore dell’area residuata dall’esproprio viene stimato immutato”.»